La Colonia felice: utopia lirica (terza edizione)
poca - troppa perchè spegneva col male il malato, poca, perché con essa vi avreste, scellerati di tanto, aquistato a lievìssimo patto l'oblìo; - nè
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era gelo. Giungèa egli, in quel punto, a uno spiano, cinto di audacìssimi abeti. Il raggio lunare vi si versava senza risparmio, e nel pallor di quel
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! ... E voi - (ciò, alla sospesa ciurmaglia) - obedireste a quel vile? ... Chiodra Non vi fidate! Io lo conosco da lunga mano. Non vi fidate di quel suo
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riapparire, dicendo che gli si era sghignazzato sul muso e risposto: se la vi preme, venite a pigliarla. - Gualdo traballò d'ira. L'ira gli si pingèa
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E, la pròssima aurora, il Nebbioso ripigliava il cammino che movèa al villaggio. Fu detto già, ei vi scendeva di quando in quando, dalla fame
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nidiata, dove l'auretta, una carezza profumata di viole. Gualdo vi lavorava cantando: Tecla sedèa alla porta del casolare, e la bimba, appesa al suo
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- ribattè Mario sconsolatamente. - Vi ha colpe senza perdono. Dietro di mè cadde il ponte ... Odiami! - Neppur potrèi non amarti - ella fece. Il Nebbioso
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, leggendo: «Uòmini fratelli! «Già la vostra domanda era scesa nell'ànimo Nostro. «Egri eravate; non vi spegnemmo; guariste. Da ogni vizio, virtù. Roma
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mesi e mesi in quelli angusti cervelli, irrompèvano ora alle labbra, vi si stipàvano per sprigionarsi, pugnando a chi primo, e a vicenda impedèndosi. E
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mollìssimo velo. Tecla alzò le palpèbre, riposò piani gli occhi su Gualdo e gli arrise. Lo sguardo di lei sarèbbesi detto indrizzato. Vi si leggèa
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, stringendo rabbiosamente le grinfe, e con due bocche spigionate di denti strillare: e noi? - Ribattè Aronne: vi accomoderèbbero i vecchi, a voi